Dal 2022 l’inflazione sta cambiando (non troppo) i consumi degli italiani nella GDO. Nel 2024 più salumi confezionati al banco frigo e meno salumi serviti al banco taglio e, in generale, una leggera flessione delle vendite rispetto agli passati. Complice anche l’aumento medio del prezzo con un +2,3% rispetto all’anno precedente (dati Circana autunno 2024). Ma tra i due grandi salumi italiani, il prosciutto cotto e il prosciutto crudo, chi vince?
Non solo gusto, ma anche prezzo
Sui consumi degli italiani non influiscono solo il gusto e il posizionamento, ma anche il prezzo. Sarà per questo che, visti gli aumenti su crudo, mortadella, pancetta e salame, dominano la classifica delle vendite il prosciutto crudo e la bresaola. Sorpresi? Questo vale sia per i confezionati sia per il servito. La bresaola ha un primato inedito, basti pensare che l’anno prima era tra i salumi penalizzati, proprio perché nel 2023 il prezzo era più alto del 2024.
Crudo VS cotto, le differenze
E se dobbiamo guardare solo al gusto, alle caratteristiche che li differenziano, cosa cambia tra il crudo e il cotto? Molti aspetti. Anche se sono entrambi salumi – non insaccati!- che vengono dalla lavorazione della coscia del maiale, cambia molto la lavorazione: nel prosciutto crudo la coscia viene salata a secco e lasciata a stagionatura; nel prosciutto cotto la coscia viene disossata, poi abbiamo la siringatura con una salamoia di aromi e sale, la zangolatura – pressatura – e la cottura. Proprio per le diverse lavorazioni hanno diverse qualità: il crudo perde acqua ed è più ricco di proteine, ha più sale ma grassi migliori, perché insaturi; il cotto ha meno calorie. Il cotto, poi, è più facile da masticare, il crudo, invece, più facile da digerire.
Infine, bisogna per forza di cose guardare i prezzi, lo chiede il portafogli, ma va rispettata la nostra dieta con le nostre specifiche esigenze o problematiche, ricordando ce è bene consumare i salumi con moderazione, e non tutti i giorni.